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“L’arte non deve più sottostare alle limitazioni della tela o della materia, vogliamo che il quadro esca dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro, espandendosi attraverso nuove forme e tecniche espressive.” Lucio Fontana, Movimento Spazialista.

Nelle parole dell’artista Lucio Fontana, secondo me, si rispecchia una nuova visione a cui può attingere il design contemporaneo: l’uso di materiali naturali uniti a nuove forme prive di ornamenti. Lo scopo è applicare queste linee guida tramite la sperimentazione sempre legata all’unicità dei materiali, indagando la materia stessa che li compone.

Il campo del design dell’arte sacra è molto stimolante perché dà la possibilità di confrontarsi con un tema profondo, unico e se vogliamo in parte astratto. Non esiste un vero e proprio committente, ed è lasciata libera interpretazione all’osservatore poiché è l’oggetto stesso che deve evocare e rimandare a qualcosa di più grande. Ecco perché i materiali alla base delle nostre opere, raccontano già una storia di partenza, ancor prima che l’intervento umano del designer e dell’artigiano lo valorizzino.

Mi riferisco all’unicità di una superficie dovuta ai traumi subiti, ad esempio gli agenti atmosferici che possono generare una nuova texture: un tronco spezzato dal vento crea una nuova forma, un metallo può essere contorto da un urto o corroso dal tempo, oppure le crepe di un elemento creano senza volerlo frammenti dell’unicità. Ecco che un atto che avviene in natura, tradizionalmente considerato impulsivo e brutale, può essere rielaborato e si può trasformare anche in un intervento meditato e programmato con la razionalità che contraddistingue l’artista nel creare nuove opere, unito all’estrema precisione e pulizia formale del risultato: una successione ritmica di estroflessioni e introflessioni che si espandono sulla superficie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’istintività del gesto che si imprime sulle superfici vuole sondare le potenzialità espressive della materia che nel suo mutare crea unicità, sia essa una materia organica, come il legno, come una materia indistruttibile, resa inossidabile dall’industria, come il metallo capace di perpetuare la memoria intangibile del segno che si imprime su di essa. Il designer diventa quindi un ricercatore di particolarità, del divenire che si manifesta e studia il modo di valorizzare questi aspetti della materia per avviare un processo che porterà all’adempiersi della sua creazione, tramite una forma e una funzione che si concretizza poi con la manualità dell’artigiano.

Schizzo preparatorio per la collezione “Vaia” di Ikona.design

Si interrompe il processo cognitivo di inizio e fine, ma la base di partenza è già determinata dall’unicità di un accadimento che ha impresso in quel materiale una traccia e quindi il racconto di una storia vissuta che non è più solo recupero e riutilizzo, ma anche memoria.

In Ikona.design facciamo questo e tramite l’artigianalità di Berto srl questi concetti possono trovare concretezza.

 

Matteo Pauletto