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Quanto l’aspetto di un luogo sacro incide sulla nostra scelta o nel nostro apprezzamento dell’esperienza che vi si vive?

Visitando il Santuario molisano di Santa Maria Santissima Addolorata di Castelpetroso, presso Isernia, mi sono trovato a pensare che talvolta il nostro giudizio su un luogo sacro può venire influenzato dalla sua storia e dal suo aspetto.

Con le sue bianche guglie neogotiche il santuario di Castelpetroso è una visione senza dubbio suggestiva per chi percorra la strada statale Sannitica. A mezza collina, attira l’attenzione del viaggiatore per le sue forme e invoglia a una deviazione anche chi non ne conosce la storia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Costruito a partire dal 1890 presso il luogo di una serie di apparizioni mariane a due pastorelle iniziate qualche anno prima, il santuario accoglie ogni anno numerosissimi pellegrini e offre un’atmosfera di grande spiritualità, malgrado la sua architettura sia da considerarsi piuttosto “fredda”.

Destino condiviso da gran parte dei santuari mariani europei, da Lourdes a Fatima solo per citare i più noti, che furono costruiti tra la metà del XIX secolo e i primi anni del XX secolo, in un periodo ricco di apparizioni mariane che sono state interpretate come una reazione al crescente laicismo positivista (moltissime ebbero infatti luogo in Francia) ma anche come un preannuncio delle imminenti sciagure (le due guerre mondiali) che avrebbero colpito il mondo cristiano.

Come strumenti di conversione e riflessione questi santuari hanno senza dubbio raggiunto il loro scopo visto il numero di pellegrini che riescono ad attrare ogni anno, tuttavia, confrontandoli con quelli più antichi come Loreto, Czestochowa o Einsiedeln, si ha sempre la sensazione che queste nuove costruzioni abbiano meno fascino e generino un minor pathos nel visitatore.

 

 

 

 

 

 

 

Penso però che ogni luogo sacro, un santuario mariano in particolare, debba essere giudicato partendo da altri parametri e che l’architettura e la decorazione siano soltanto una parte dell’esperienza: basti pensare a quanto avviene a Lourdes con le processioni e con la presenza di un grande “parco sacro” che fa tutt’uno con i santuari veri e propri.

Anche a Castelpetroso la visita al santuario di deve completare con l’ascesa al vero “luogo” dell’apparizione accompagnata da alcune scene realizzate con sculture in bronzo che ancora una volta mi spingono al confronto con le splendide cappelle decorate da maestri del tardo Rinascimento che accompagnano la salita gli storici sacri monti italiani o ai “calvari” del Centro Europa. Il giudizio finale resta vincolato all’atteggiamento: per chi percorre queste vie sacre, accompagnando la salita con gesti di devozione, la presenza di gruppi scultorei di stile antico o contemporaneo può essere d’aiuto ma anche apparire indifferente rispetto alla qualità dell’esperienza spirituale.

In Cina o Giappone per esempio il problema viene risolto in modo diverso: lì le ascese devozionali verso i numerosi sacri monti buddisti o taoisti sono accompagnate da edifici che, pur essendo spesso identici a quelli antichi, sono di realizzazione moderna perché diverso è l’atteggiamento di quelle culture nei confronti delle cosiddette “copie”.

Sull’argomento allego un mio articolo scritto qualche anno fa a Pechino sperando possa essere di aiuto nella riflessione.

http://citypilgrimblog.com/2017/08/16/altare-del-sole-a-beijing-vero-o-falso-vecchio-o-nuovo-sun-altar-in-beijing-fake-vs-original-old-vs-new/

Antico o moderno sono dunque dei canoni accessori nella valutazione di un luogo sacro, come lo sono i valori artistici o architettonici, tuttavia, specialmente nella nostra cultura, continuano a essere dei parametri importanti nella valutazione di un luogo sacro.

Di Cesare Romanò