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“Inghiottiti” da un vortice che ci spinge a correre sempre più forte, non abbiamo più tempo per guardare, soffermarci, riflettere. Così, di un’opera cogliamo solo il virtuosismo, trascurando il messaggio che l’artista vuole tramettere.

Solitamente un artista, più che con le parole, riesce a trasmettere il suo messaggio attraverso quello che crea, il suo pensiero è celato lì, in una ceramica, in una scultura, in un dipinto.

In quel manufatto circola libero il suo stato d’animo… le sue sicurezze, i suoi dubbi, le sue ansie, i suoi sogni. Egli non fa altro che trasformare una scintilla che parte dal cuore, passa dal cervello e finalmente arriva alle sue mani.

Il percorso è breve ma, spesso, più impervio di quanto si possa pensare. Una “strada” lungo la quale la luce si alterna al buio, un buio che mette in discussione tutte le sue certezze. E’ in quella oscurità che egli può rimanere intrappolato anche per giorni, fin quando non trova la giusta soluzione, solo così riesce ad illuminare di nuovo il suo cammino.

Una volta terminata un’opera, il suo desiderio più grande è quello di incontrare qualcuno che possa carpire il suo messaggio, perché a lui non interessa chi apprezza unicamente il suo virtuosismo, ma colui che in quell’opera riesce a “leggere” il suo racconto.

Per quanto mi riguarda, è questa la soddisfazione che, più di altro, mi riempie di gioia e mi incoraggia ad andare avanti, anzi oltre. Questo è quello che mi rende più audace, mi spalanca la mente e, soprattutto, mi consente di continuare la mia introspezione, facendo si che non mi “allontani” da me stesso.

E’ proprio nell’intimità della mia bottega che cerco di trovare la mia pace interiore, essa è il luogo nel quale, nonostante siano passati venticinque anni, continuo a raccontare storie di Cielo in terra (terracotta), cercando di mettermi in sintonia con Lui, nella speranza che un giorno io possa finalmente cancellare l’ultimo dei miei dubbi.

Marcello Aversa

 

 

 

 

 

 

 

Nel frattempo, al di là delle finestre che danno nel centro storico, tante persone corrono, forse rincorrono, sogni farraginosi e irraggiungibili, senza accorgersi che lì davanti ai loro occhi, lo scenario è quello di una società che, sempre meno lentamente, viene risucchiata nel vortice di un mulinello che tende ad “uniformarla”, facendole perdere la sua identità.

Oggi sprechiamo la maggior parte del bene più prezioso che abbiamo ricevuto: il tempo; il più delle volte lo usiamo per rincorrere cose ed oggetti di cui ci illudiamo di divenirne padroni, senza accorgerci che sono quegli stessi oggetti a renderci schiavi.

“Cammini sempre con la neve in tasca”; così si usava dire dalle mie parti, rievocando tempi antichi quando dalle montagne si trasportavano blocchi di ghiaccio, che servivano per lo più per uso alimentare. Bisognava giungere al più presto in pianura per far si che quel ghiaccio non diventasse acqua. Almeno in quel caso c’era una ragione, chi ci riusciva, infatti, almeno ne traeva un beneficio, a noi, oggi, spesso non resta che l’acqua.

E’ in questo contesto che tanti artisti, nonostante tutto, continuano a creare per stupire prima se stessi e poi che guarderà le loro opere.

Ovviamente, parlo di quei “Maestri” che non si “vendono” alle tendenze del momento, di quelli che credono nelle loro idee e non si adeguano a quelle degli altri.

Ogni artista vorrebbe esseri lì, accanto alla sua opera e avere la possibilità di interagire con chi le osserva, con chi ha voglia di ascoltarlo, per potergli spiegare qual è il percorso che ha portato a quella creazione, come è nata, quali sentimenti ha voluto esprimere, cosa per lui rappresenta.

Ma lui non può presidiare tutte le sue creazioni, anche oggi è lì nella sua bottega, magari in attesa che passi il buio, e il cervello illumini le sue mani.

Allora si rassegna e continua a sperare che ai pochi, si aggiungano altri che vogliano spendere un po’ del loro tempo per scoprire ciò che è nascosto in quello che fa, quello che come diceva Antoine de Saint-Exupéry, non si vede con gli occhi ma con il cuore.

Se vogliamo guardare le cose con obiettività non possiamo nascondere che il nostro Paese sta subendo una grande trasformazione.

Per millenni il Mondo intero ha cercato di imitarci, nell’arte, nell’architettura, nell’enogastronomia, nel design, persino nelle nostre abitudini. Oggi, purtroppo, sembra che i ruoli si siano invertiti.

Sempre più frequentemente “assorbiamo” usi e costumi che non ci appartengono, inebriati da fumi che arrivano da lontano, e ci allontanano dal fuoco vivo che ancora arde sotto i nostri occhi, alimentato da quello che assieme alla storia e alle bellezze naturali ha reso il nostro Paese così interessante: l’autenticità.

Purtroppo di quel fuoco non riusciamo a sentirne più il calore.

Quali i rimedi?

Io credo che bisogni partire dal nostro errore più grande, quello di continuare a dire che i nostri giovani rappresentano il nostro futuro.

Fin quando non ci renderemo conto che loro sono il nostro presente e che da loro si dovrà ripartire, tutti gli sforzi saranno inutili.

 

Marcello Aversa