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Nella mostra Terra Viva, una installazione dedicata alla Città di New York e al suo dipartimento dei pompieri, a venti anni dalla strage delle Torri Gemelle

Sarà la periodicità di questo appuntamento a farmi provare, smanettando sulla tastiera del computer, la sensazione di scrivere una lettera ad un amico, al quale mi “apro” per raccontare e condividere esperienze ed emozioni. Ora visto che un rapporto epistolare normalmente segue un filo logico, ho bisogno di ripartire da dove ci eravamo lasciati.

Dopo le festività natalizie sono ritornato stabilmente al mio posto, qui, davanti alla finestra della mia bottega. In questi primi giorni del 2022 sto cercando di riavvolgere il nastro di un anno che, seppur passato ancora tra ansie e paure, mi ha dato grandi soddisfazioni.

Quello che sta arrivando, come cantava il mio amico Lucio, per me sarà sicuramente più intenso, infatti festeggerò i miei primi venticinque anni di attività e questo mi impegnerà in una serie di eventi che si terranno durante tutto il 2022.

In realtà il primo, ancora in corso, è iniziato lo scorso dicembre, qui a Sorrento; è una mostra dal titolo “Terra viva” nella quale racconto attraverso ottanta opere e pannelli con testimonianze mie e di alcuni personaggi che ho conosciuto in questo lasso di tempo, questo quarto di secolo legato da un filo conduttore: la creta.

Non è una autocelebrazione per ricevere auguri o raccogliere consensi ma un traguardo che mi spinge a mettere un punto fermo dal quale ripartire con nuova energia e nuove idee.

Nell’allestire la mostra, mi ha aiutato anche Bruno De Gennaro, quel giovane pittore entrato qualche mese fa in punta di piedi nella mia bottega, ricordate, ne parlai nell’ultimo testo. Bruno, che lotta continuamente con i suoi dubbi e ricerca sé stesso “schizzando” letteralmente, a volte con rabbia a volte con amore, i colori sulle sue tele.

 

 

 

 

Da quell’alchimia scaturisce una policromia non casuale, figlia di un percorso interiore che affascina ed invita ad entrare e percorrere quei “labirinti” cromatici nel tentativo di trovare ciò che stiamo cercando.

Tra me e Bruno è nata un’amicizia, una di quelle vere, esenti da opportunismi e compromessi. Attraverso lui cerco di carpire il linguaggio dei giovani così da potermi rapportare con loro in maniera meno antiquata per stabilire, così, un sincero dialogo che mi permetta, nel prossimo futuro, di trasmettere al meglio le mie conoscenze e la mia passione.

Intanto per la mostra ho creato un’opera che già ha qualcosa di evolutivo, a partire dalle grandi dimensioni, rispetto a quelle del passato.

Si tratta di una installazione dedicata alla Città di New York e al suo dipartimento dei pompieri, a venti anni dalla strage delle Torri Gemelle.

L’opera il cui titolo è “Oltre”, pur restando nel solco della tradizione, ha forme molto più evolute.

 

 

 

 

 

 

 

 

Si tratta di un elemento ovale diviso in due corpi (le due torri) dai quali partono alcune travi piegate e deformate. Quella centrale accoglie una storia della salvezza realizzata su mattoni. Mattoni che oltre ad essere un simbolo di ricostruzione, rappresentano le mie origini, quelle che mi legano all’antica fornace di famiglia, dove ho lavorato per quindici anni prima di incamminarmi in questa nuova strada.

L’opera è contornata da un roseto con circa milleduecento fiori volutamente in creata bianca, come le rose che vengono poste sul monumento realizzato in onore dei caduti, nel giorno del compleanno di ognuna delle vittime.

Una sola è in creta rossa ed è posta vicino alla Natività, metafora di rinascita.

 

Un idrante dei pompieri oltre a fungere da sudario, abbraccia e lega tutta l’opera, ma rappresenta anche l’acqua, fonte di vita.

Ai lati dodici schermi sui quali scorrono immagini della New York dei nostri giorni, una Città che pur conservando viva la memoria, come le rose dell’opera è rifiorita grazie all’orgoglio del popolo americano.

Vent’anni fa in un tragico evento che coinvolse due grattacieli, si ebbe lo stesso numero di morti dovuto al tremendo terremoto che nel 1980 colpì la Campania e il Molise. Questo mi ha messo di fronte all’immensità di quella che è definita “la citta che non dorme mai” ed è questo uno dei motivi per i quali, assieme alle istituzioni sorrentine, donerò l’opera alla Città di new York ed ai suoi “Bravest”.

Nel frattempo continuerò a giocare con la creta e ad osservare il mondo al di là della finestra, con la speranza che il 2022 possa essere un anno migliore per tutti. 

 

Marcello Aversa